PPP e nuovo Codice Appalti

PPP e nuovo Codice Appalti: il Correttivo riscrive l’art. 193, ma tra contendibilità della prelazione e iter più complessi si affievolisce la spinta ad investire e innovare

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 209/2024 (Correttivo), si è intervenuti in maniera significativa sulla disciplina della finanza di progetto, modificando quanto era stato originariamente previsto dal precedente codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016, art. 183, comma 15) ed inizialmente recepito, seppur con alcune modifiche, anche nel nuovo codice (“Codice” o “D.Lgs. 36/2023”). Si vuole qui fare il punto, dalla prospettiva di un advisor finanziario, su alcune delle novità che il Correttivo ha apportato alle previsioni del Codice relative alla finanza di progetto. Nello specifico ci si soffermerà sui contenuti dell’art. 193 (Procedura di affidamento) del titolo IV (La finanza di progetto). Come noto, l’articolo 193 del Codice è stato dal Correttivo interamente riscritto. A poco più di cento giorni dall’entrata in vigore del Correttivo, non è ancora possibile trarre un bilancio di come la disciplina dell’art. 193, sia stata recepita dagli operatori. Soltanto a fine 2025 potrà tentarsi un primo bilancio: il numero di proposte di partenariato pubblico privato (“PPP”) presentate nell’anno alle pubbliche amministrazioni consentirà infatti di comprendere se le modifiche procedurali introdotte dal Correttivo abbiano incentivato, piuttosto che raffreddato, la disponibilità del sistema delle imprese ad investire nell’ambito della realizzazione e gestione delle opere di pubblica utilità. Ad oggi, per cercare comunque di intercettare un primo orientamento del mercato circa le novità introdotte, è già possibile rifarsi ad alcune analisi del “nuovo” art. 193 che sono state pubblicate sulla stampa specializzata in questi mesi, nonché ai commenti espressi da operatori di settore e “raccolti” nell’ambito delle quotidiane attività professionali aventi ad oggetto iniziative PPP; quest’ultima, per quanto empirica, attività di “market sounding” (presso imprese, enti pubblici, advisor legali) consente già di dar conto del formarsi di alcune “linee di pensiero”: gli enti concedenti sembrano ad esempio esprimere qualche perplessità in merito all’oggettiva maggiore complessità procedurale, sottesa dall’art. 193, rispetto alla previgente disciplina. Cogliere il sentimento di fondo del sistema imprese è invece più complesso, posta l’eterogeneità dei soggetti che lo compongono. Preliminarmente deve essere ricordato che le aziende operanti a vario titolo nell’ambito di riferimento, ogni qual volta si diffonde notizia di possibili modifiche alla normativa riguardante la finanza di progetto, esprimono l’aspettativa che ciò possa contribuire al formarsi – finalmente – di un segmento strutturato di mercato, dove potersi muovere in attuazione di specifiche strategie industriali, superandosi insomma l’attuale contingenza che si caratterizza per il fatto che i cosiddetti PPP sono prevalentemente il frutto di situazioni estemporanee, occasionali, non scalabili. Questa “aspettativa” è andata delusa prima ancora che il Correttivo entrasse in vigore aubay1025 – Il Sole 24 Ore S.p.A. – Gruppo 24ORE RIPRODUZIONE RISERVATA quando dalle bozze in consultazione è stato possibile comprendere come l’ambizione fosse soltanto quella di intervenire su aspetti procedurali. Di fatto con il Correttivo nessun “cambio di passo” è stato quindi effettivamente tentato, quanto meno nell’ambito della finanza di progetto. Non di meno, è decisamente opportuno soffermarsi su talune delle previsioni del novello art. 193 in quanto rilevanti per ogni investitore chiamato a valutare se investire, o meno, nel percorso di costruzione di un PPP. Al riguardo segnaliamo subito una semplificazione introdotta dal Correttivo che indiscutibilmente è stata ben accolta dagli operatori economici: ci riferiamo alla possibilità offerta dall’art. 193 di predisporre, ai fini della presentazione della proposta di PPP, il progetto di fattibilità (componente essenziale di ogni proposta) secondo lo schema semplificato di cui all’art. 6-bis dell’allegato I.7. del Codice (gli ulteriori elaborati richiesti dall’art. 6 dell’allegato I.7 devono, ai sensi della norma, essere prodotti solo a misura che il progetto venga poi selezionato per essere posto a base di gara). Indubbiamente l’alleggerimento dell’impegno progettuale era necessario posto che la predisposizione di una proposta è di per sé esercizio particolarmente oneroso, in particolare proprio per i costi di progettazione. Il Codice, avendo ridotto (con l’eliminazione del progetto definitivo) i livelli di progettazione da tre a due, aveva per conseguenza introdotto la necessità di corredare le proposte con il progetto di fattibilità di cui all’art. 6 dell’allegato I.7 (quando anteriormente il progetto di fattibilità tecnico economica inglobava soltanto una progettazione preliminare); ciò indiscutibilmente aveva inciso sulla propensione delle aziende ad elaborare proposte, soprattutto in caso di impegni progettuali complessi: questo atteggiamento di ritrosia trovava giustificazione nel fatto che, considerandosi come la maggioranza delle proposte di PPP non arrivi alla dichiarazione di pubblico interesse, l’investimento in progettazione risultava assoggettato ad un’alea decisamente non trascurabile. Grazie al Correttivo l’incidenza delle voci di progettazione nei budget di predisposizione di una proposta viene quindi in parte ridimensionata. Questo risultato tuttavia, a nostra opinione, non compensa, per le ragioni che andremo nel seguito a rappresentare, il surplus di complessità ed incertezza che l’investitore deve ora, per effetto del Correttivo stesso, affrontare. In tema di incertezze uno degli aspetti che più ha irrigidito le imprese, in sede di valutazione del novello art. 193, attiene alla mancanza di prospettive certe circa la possibilità d’acquisire in corso di procedura il diritto di prelazione (esercitabile, come noto, nella fase di gara); la questione necessita di un sintetico inquadramento: con la previgente disciplina il proponente predisponeva la proposta nella consapevolezza che la stessa, una volta valutata, se dichiarata di pubblico interesse portasse ad acquisire il ridetto diritto. Prima del Correttivo si può ben dire che il diritto di prelazione configurasse insomma una sorta di premialità per chi aveva investito ingenti risorse nello sviluppare una proposta di PPP alla PA. Non è oggi più così posto che – come precisato al comma 12 dell’art. 193 – il diritto di prelazione può venire assegnato, ad esito di “confronto concorrenziale”, ivi previsto, indifferentemente “al promotore o ad uno dei proponenti” (dove, ai sensi della confusa terminologia adottata dall’art 193, il promotore è ora lo sviluppatore dell’originaria proposta ex comma 3 del ripetuto articolo). Il diritto di prelazione è insomma divenuto, per così dire, contendibile. Non ci si diffonde qui sulle giustificazioni addotte per spiegare il cambio di rotta in relazione a qualcosa che negli anni aveva dato sempre segno di funzionare quale potente incentivo; aubay1025 – Il Sole 24 Ore S.p.A. – Gruppo 24ORE RIPRODUZIONE RISERVATA ci si limita a ricordare che la volontà di rendere contendibile il diritto di prelazione non nasce dalla certezza che la precedente formulazione dell’art. 193 fosse in contrasto con il diritto europeo: la questione infatti è aperta dal lontano 2004 e, dopo alterne vicende, si è in realtà ancora in attesa di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea in merito. Le modifiche introdotte dal Correttivo appaiono quindi indotte di fatto solo dal timore che questo giudizio possa un giorno arrivare, andando eventualmente a stigmatizzare un utilizzo della prelazione in funzione anti concorrenziale. Per inciso: difficile non chiedersi se non sarebbe stato opportuno attendere di conoscere l’esito e le ragioni della pronuncia della Corte di Giustizia Europea, prima di modificare la normativa di riferimento al riguardo, con il probabile effetto di scoraggiare il mercato (non può infatti non ricordarsi come nel 2007-2008, quando il diritto di prelazione fu soppresso, il mercato, fino alla reintroduzione dell’incentivo, si bloccò quasi del tutto). Con la modifica riguardante il diritto di prelazione il Correttivo sembra inoltre aver disperso la motivazione di base per cui lo stesso era stato originariamente ed acutamente concepito: incentivare, come detto, le imprese private ad avanzare proposte di finanza di progetto alle pubbliche amministrazioni. Oggi non si comprende invece quale sia la funzione residua della premialità in questione posto che la possibile attribuzione del diritto di prelazione ad un proponente (pertanto ad un soggetto che non è l’autore dell’originaria proposta e che non ha quindi attivato il percorso procedurale previsto dall’art. 193, sopportandone il relativo onere economico) mina indiscutibilmente la disponibilità dell’operatore ad investire “per primo” nella costruzione di una proposta. Di converso a noi sembra che l’eventuale assegnazione del diritto di prelazione ad un proponente rischi – questo sì! – di configurare il riconoscimento di un vantaggio abnorme, che non trova più adeguata giustificazione: si va a premiare un soggetto che, per così dire, fattualmente è “già lì”, essendo stato attratto nella procedura dal promotore per effetto del deposito della sua originaria proposta. Insomma l’incentivo pensato per premiare chi avesse avviato il percorso virtuoso di investire in un PPP rischia oggi di essere assegnato a chi non è necessario incentivare. Il ribaltamento che in tema di prelazione il Correttivo ha posto in essere potrebbe insomma scoraggiare il mercato, in particolare, secondo noi, laddove le proposte potrebbero riguardare opere e servizi non presenti nella programmazione degli enti. E’ intuibile come in questi contesti la circostanza che venga negata la certezza di una prospettiva di premialità a chi ha concepito quella che in altri contesti verrebbe correttamente definita come l’originaria “business idea” frena, senza dubbio alcuno, l’iniziativa del privato (che ovviamente rigetta la paradossale implicazione che il diritto di prelazione possa “scivolare”, in corso di procedura, in favore di chi non abbia sopportato l’onere ed il rischio di concepire la proposta originaria). I giuristi potranno forse far valere considerazioni di sostegno alla scelta fatta, ma l’analista finanziario non può che testimoniare il “sentiment” del mercato: la norma frustra la propensione a proporre innovazione ed assume conseguentemente un effetto “recessivo” proprio nell’ambito in cui le proposte tenderebbero ad essere di maggior pregio (in quanto relative ad opere e servizi che le amministrazioni non hanno ancora saputo visualizzare e prevedere). Purtroppo il Correttivo non sembra essersi troppo curato di tutto ciò: non può escludersi che questo apparente disinteresse per gli aspetti di incentivazione del privato sia stato indotto dalla considerazione che, a ben vedere, si è oramai consolidato un trend che vede la stessa parte pubblica “muovere il primo passo”, anche quando l’obiettivo sia la cdd. “finanza di progetto ad iniziativa privata”: ci riferiamo alla sempre più massiccia pubblicazione di avvisi pubblici che sollecitano il mercato ad avanzare proposte di PPP in relazione ad una specifica opera/servizio. Potrebbe effettivamente notarsi come in questi contesti la rilevanza della prelazione, intesa come elemento di incentivazione, potrebbe apparire meno significativo, in quanto gli operatori vengono incoraggiati ad investire dall’avviso stesso, che implicitamente attesta l’interesse dell’ente a ricevere proposte di PPP. Con il D.Lgs. 36/2023 questa facoltà di sollecitazione degli enti è stata, come noto, codificata al comma 11 dell’art. 193, comportando l’ulteriore diffondersi di questa prassi. Come spesso accade, gli avvisi di “ricerca promotore” di fatto tendono a tracciare un perimetro abbastanza dettagliato ed obbligato all’interno del quale le imprese devono costruire le proprie offerte; a ciò facilmente consegue, purtroppo, l’effetto collaterale di limitazione degli ambiti di propositività innovativa). Il privato quindi approccia la sollecitazione a proporre uno schema di PPP interpretandola come una vera e propria gara (seppur dalla procedura particolarmente lunga, farraginosa e complessa), uniformando, spesso pedissequamente, i propri elaborati alla traccia proposta nell’avviso stesso. Per le ragioni esposte chi scrive ritiene che l’abuso della sollecitazione porti un po’ a tradire la missione originaria che era stata affidata alla finanza di progetto fin dai tempi della cdd. “Legge Merloni” (legge n. 109/1994): prima ancora che per attrarre capitali privati per il finanziamento di opere di pubblica utilità, lo strumento avrebbe dovuto – e dovrebbe innanzi a tutto – funzionare per iniettare innovazione nella PA. Rischia di non poter più essere così. Considerandosi tutto quanto esposto, si potrebbe quindi concludere che la riforma del meccanismo d’assegnazione del diritto di prelazione potrebbe anche non avere rilevanti effetti sul numero annuo di proposte elaborate in favore degli enti concedenti; sul piano qualitativo invece potrebbe registrarsi una diminuzione delle proposte genuinamente promananti dal privato, quelle quindi, come già indicato, di maggior pregio. L’ulteriore aspetto che ha suscitato perplessità presso molti operatori privati (ma anche in ambito “pubblico” come già accennato) riguarda la struttura procedurale sottesa dall’art. 193: rispetto alla precedente disciplina, la nuova normativa articola ulteriormente e significativamente la procedura, prevedendo una serie di fasi e sottofasi, nell’intento sicuramente funzionali all’individuazione del progetto di fattibilità da approvare (e porre a base della successiva gara), ma che, nei fatti, rendono il percorso quanto mai complesso, lungo ed in definitiva rischioso. Il risultato è un iter valutativo delle proposte significativamente appesantito, a volte, quanto meno a nostra opinione come subito esporremo, del tutto inutilmente. In un contesto economico dove gli inviti alla semplificazione si susseguono e rafforzano, sul presupposto che ciò sia oramai ineludibile per cercare di mantenere il Paese sul binario della competitività, una norma – che si sviluppa in 17 commi che tracciano minuziosamente passaggi che ben potevano, almeno per taluni aspetti, continuare ad essere lasciati alla discrezione gestionale degli enti concedenti – può apparire anacronistica: ne fornisce plastica evidenza la lettura del secondo comma dell’articolo in questione che procedimentalizza financo la fase che precede la presentazione delle proposte laddove si prevede che “Ai fini della presentazione di una proposta ai aubay1025 – Il Sole 24 Ore S.p.A. – Gruppo 24ORE RIPRODUZIONE RISERVATA sensi comma 1, un operatore economico può presentare all’ente concedente una preliminare manifestazione di interesse, corredata dalla richiesta di informazioni e dati necessari per la predisposizione della proposta. L’ente concedente comunica all’operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico preliminare all’elaborazione della proposta; in tale ipotesi, i dati e le informazioni richiesti sono trasmessi all’operatore economico e sono resi disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito istituzionale.”. Vi è innanzi a tutto da dire che l’acquisizione di dati e di informazioni dagli enti al fine di predisporre proposte non ha mai creato problemi di sorta ed è sempre stata gestita su basi di doverosa collaborazione pubblico/privata. In alcun modo si sentiva quindi la necessità di procedimentalizzare questa fase. L’averlo fatto, per motivazioni di pretesa maggiore trasparenza, comporta non trascurabili conseguenze negative. Sicuramente questa impostazione genera immediatamente ed oggettivamente rallentamenti e vischiosità: la pubblica amministrazione prima di fornire le informazioni richieste è infatti da subito tenuta – con le modalità e tempistiche (sic!) che le sono proprie – ad interrogarsi circa il proprio interesse all’elaborazione della proposta. Tra l’altro la previsione sembra mancare per certi versi di logicità: come può infatti il privato articolare la propria manifestazione di interesse, corredandola da un seppur sommario suo inquadramento, prima ancora di essere entrato in possesso di quei dati ed informazioni a lui stesso necessarie per stabilire se sussistano le condizioni oggettive per elaborare una proposta di PPP? Andando comunque al cuore del problema non può non osservarsi, ponendosi dall’angolazione d’osservazione dell’operatore economico, come il “prezzo” da pagarsi per ottenere “informazioni e dati” sia significativo perché comporta, come visto, la loro pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale dell’ente. Evidente come gli imprenditori, soprattutto quelli disposti ad investire in proposte aventi ad oggetto interventi non inclusi nella programmazione del partenariato pubblico-privato di cui al comma 1 dell’articolo 175 del Codice, non possano tollerare che i loro potenziali intendimenti siano resi pubblici in una fase così preliminare, con l’ovvia conseguenza d’allertare la concorrenza. Ecco un buon esempio di come il Legislatore riesca a volte, preso dall’irrefrenabile frenesia di procedimentalizzare anche aspetti minuti, a scoraggiare gli investitori. Infine, richiamando aspetti già in parte accennati, si vuole dare conto di come del nuovo art. 193 susciti preoccupazione il percorso di valutazione delle proposte: in particolare ci si riferisce ai commi 5 e 6 che forniscono evidenza di quanto l’iter sia divenuto complesso, soprattutto in quanto si prevedono due fasi di valutazione comparativa (che a loro volta – sic – precedono la fase di valutazione delle offerte prodotte in gara ai sensi del successivo comma 8 dell’articolo). Il comma 5 prevede infatti che l’ente concedente individui, in forma comparativa, sulla base di criteri che tengano conto della fattibilità delle proposte e della corrispondenza dei progetti e dei relativi piani economici e finanziari ai fabbisogni dell’ente concedente, una o più proposte da sottoporre alla ulteriore sessione di valutazione prevista dal successivo comma. Il comma 6, dato atto che il concedente può richiedere al promotore ed ai proponenti, selezionati ai sensi del comma 5, di apportare alle proposte le eventuali modifiche necessarie per la loro aubay1025 – Il Sole 24 Ore S.p.A. – Gruppo 24ORE RIPRODUZIONE RISERVATA approvazione, prevede (ovviamente in caso di una pluralità di proposte ammesse) che si proceda nell’ulteriore attività di valutazione comparativa delle proposte fino all’individuazione di quella da porsi a base di gara. Non servono molte considerazioni a chi abbia esperienza operativa di settore: è intuitivo quanto possa essere complesso per gli enti concedenti, soprattutto nel caso di molte proposte da compararsi, seguire l’iter testè sintetizzato. La formale suddivisione della procedura in più sottofasi, la conseguente necessità di dar conto delle scelte ed esclusioni deliberate in corso d’iter, la necessità di dialogare contestualmente con più operatori in merito all’identificazione, proposta per proposta, delle eventuali modifiche necessarie per la loro approvazione, rappresentano – già di per loro elementi che, se anche presi singolarmente, giustificano i timori, da molti già espressi, di rischi ritardi e contenzioso.

di Americo Romano
Founding Partner nel 1993 di Albion (finanza di progetto) ha pregresse esperienze in ambito bancario
internazionale e di dirigenza finanziaria nel settore infrastrutture
e Giorgio Turetta
Senior Consultant in Albion, dove ha maturato una significativa esperienza nell’affiancare clienti
pubblici e privati in operazioni di Partenariato Pubblico-Privato